Il sorprendente (o forse no) successo di Denis Lovatel, che a Milano propone una versione leggerissima e croccante del piatto più universale che c’è, lontanissimo dalla ortodossia napoletana eppure di immediato successo. Tutto per colpa di un blackout. Maledetto blackout. Benedetto blackout. Quella sera qualcosa andò storto alla pizzeria Da Ezio di Alano di Piave, nel bellunese. L’elettricità non c’era, inutile provare a fare le pizze. Ezio e Denis Lovatel non avevano mai tempo di parlare, sempre presi dal lavoro di quella pizzerialontana da tutto ma che già allora godeva di una gloria locale per la pretesa di dire qualcosa di dolomitico nel mondo così mediterraneo della pizza. Ezio e Denis, padre e figlio, quella sera parlarono. E il secondo disse al primo: “Papà, io voglio aprire una pizzeria in una grande città”. E fu Milano.
Una baita da fumetto
Certe volte le favole hanno fretta, lo sceneggiatore è sbrigativo, e la pizza di Denis nel locale eponimo in via dello Statuto, in zona Moscova, zona di movida da sbarco, ebbe presto successo. Poche settimane e gli appassionati si erano accorti che in quel grande locale a più livelli un po’ baita un po’ sogno di un nerd fumettaro, stava accadendo qualcosa. E oggi, a distanza di un anno e qualche mese dal battesimo, Denis ha già conquistato Due Spicchi nella guida Pizzerie d’Italia 2024 del Gambero Rosso con la sede via dello Statuto, con 88 punti. Nel frattempo Denis ha già raddoppiato con un altro locale in zona Porta Venezia, nella “foodissima” via Melzo (al numero 18).
Più romana che napoletana
La cosa più napoletana di Denis, inteso come locale, è Denis, inteso come pizzaiolo e patròn. Lui è espansivo e abbracciante come arrivasse dal Golfo e non da un posto dove la montagna è molto più vicina di qualsiasi mare. Per il resto la pizza è molto lontana dagli stilemi della napoletanità ortodossa, e non inganni il cornicione turgido. L’impasto è croccante, più romano a voler per forza cercare appigli stilistici, e leggerissimo. Trattasi di precisa scelta espressiva, di un omaggio ai luoghi di origine di Denis, dove l’aria è pura, i silenzi lunghi, le stagioni ben ritagliate, gli ingredienti naturalmente naturali.
Umami, toppo umami
Se vogliamo parlare di tecnica. L’impasto di Denis è pochissimo salato, il sapore è fornito da una miscela di spezie di montagna, che surfa con quella strana bestia che è l’umami, il quinto gusto, spiazzante e mai stancante. Le farine sono selezionate, la lievitazione lunga, e queste non sono novità, siamo d’accordo, ma poi l’acqua arriva dalle Dolomiti e credeteci, si sente, e la cottura è prolungata, evitando certi eccessi masticabili. Poi certo la differenza la fanno gli ingredienti, i formaggi d’alpeggio, i frutti di bosco, certe erbette che lui si fa arrivare da chi le scova nei suoi boschi. La Brividi intensi ha un nome da canzone di Mina anni Settanta e scrioja pomodor, fiordilatte, erbette selvatiche, salsiccia abbrustolita, porro fritto e fonduta di pecorino. La Hokkaido mette al centro del villaggio la zucca e lapancetta tesa, con pomodoro e fiordilatte, l’invernale Meraviglie di Bosco unisce al fiordilatte i funghi spadellati,le scaglie di tartufo, la mousse di Parmigiano, la granella di nocciole, l’erba cipollina. La margherita c’è e si vede dedicare un intera sezione del menu, dove compare in versione classica, dop, gustosa (con pomodorini confit e pecorino grattugiato) e agrumata (con scaglie di ricotta e zest di limone).
Reinvenzione continua Denis dimostra ancora una volta l’enorme capacità di reinventarsi della pizza e il talento di questo piatto autenticamente universale nel riuscire a dire ogni tanto qualcosa di nuovo anche quando sembra che tutto, bestemmie comprese, sia stato detto. Se la montagna non va alla pizza, è la pizza che va alla montagna. Oppure, per una volta, ci si trova a metà strada.